"In questo periodo di spie, di spioni e di intercettazioni mi sono ricordato del libro scritto da Antonio Trizzino che avevo letto in giovane età. Non sono sempre d'accordo con l'autore, ma per onor del vero, alcune circostanze narrate dal Trizzino mi hanno dato molto da pensare, soprattutto
adesso che la mia non più giovane età mi riporta indietro nel tempo al ricordo in cui mio padre col sguardo smarrito raccontava la sua guerra, la sua prigionia in Germania, il suo ritorno in Italia, la desolazione del Paese (aveva perso due fratelli in guerra eil nonno per sopravvivere aveva venduto tutti i suoi beni). Così mi raccontava:
" Come tanti giovani italiani ho combattuto una guerra voluta dai politici, comandati da ufficiali fanatici della disciplina e dei bottoni ben lucidati, arroganti e scorbutici con gli inferiori ma perfetti gentiluomini nei rapporti con i potenti che gli servivano per fare carriera. Siamo stati svenduti ai nemici e mi sono ritrovato da un giorno a all'altro prigioniero dei nostri alleati. Sono stato chiamato traditore dai tedeschi, ho conosciuto la fame, i pidocchi delle baracche del campo di concentramento, ho visto morire amici e conoscenti e tante altre persone di cui non sapevo nulla. Sopportavo tutto questo perchè avevo l'orgoglio di essere italiano.
Ma la cosa che più mi ha fatto male è stata la conferma dei tradimenti da parte di coloro che ci spronavano ad abbandonare la nostra condizione di contadini per divenire dei soldati/galantuomini; in realtà l'otto settembre questi "maestri di vita" non si sono vergognati di abbandonarci al nostro destino vendendosi al miglior offerente con la squallida scusa che la guerra andava finita ad ogni costo perchè solo cosi si voleva bene al proprio Paese. E per ottenere ciò non hanno esitato a collaborare o peggio ancora a vendersi al nuovo alleato.." CIAO PAPA' TI VOGLIO BENE
Navi e poltrone di Antonio Trizzino Longanesi & C.prima edizione gennaio 1953
Intelligenza con il nemico (capitolo sedicesimo)
".....La piaga che logorò la nostra resistenza fu quella dello spionaggio. Certo nessuna nazione andò immune dal lavoro delle spie, ma da noi le spie sapevano troppe cose, troppo in fretta e con troppa precisione.
E, per giunta, rimanevano impunite. non è una scoperta di oggi, ma durante la guerra fatti tenebrosi e altrimenti inspiegabili avevano indotto a gravi sospetti, se non addirittura ad assoluta certezza , sulla intelligenza con il nemico.
Ritorniamo per un momento a quel terribile agosto del 42 in cui un decimo della nostra marina mercantile fu messo fuori uso. I piroscafi, appena usciti dai porti, erano subito silurati. Troppo ben appostati erano le navi e i sommergibili nemici: troppo presto accorrevano gli aerei inglesi, sempre, regolarmente, per pensare che ciò avvenisse per caso. Riuscivano qualche volta a salvarsi soltanto quei trasporti che, trasgredendo agli ordini, battevano rotte diverse da quelle loro prescritte e ciò è significativo. Particolarmente prese di mira erano le navi cisterna e non si riusciva a far arrivare benzina in Libia. Rommel, intanto, si preparava ad attaccare ad El Alamein per fine di agosto; egli contava, soprattutto, sull'arrivo della motonave cisterna Poza Rica carica di ben dodicimila tonnellate di carburante. Rommel attaccò la sera del 30 agosto. Ma la Poza Rica era stata silurata pochi giorni prima. Tirata in costa, si riuscì a travasare parte della benzina su un altra petroliera, che fu fatta partire con la massima urgenza: ma anch'essa fu silurata e affondò.
Rommel comunicò che doveva desistere dopo ventiquattr'ore dall'attacco "perchè i rifornimenti di carburante arrivarono male".
In settembre la strage continuò con ritmo angoscioso. Centinaia di carri armati, migliaia di automezzi, decine di migliaia di tonnellate di carburante e viveri continiuavano a finire in fondo al mare.
Un giorno di ottobre, precisamente il 9, l'ammiraglio Sansonetti, successore di Campioni nella carica di sottopcapo di stato maggiore alla marina, tenne al maresciallo Cavallero un grave discorso. Gli disse che dovevano esistere delle spie ben informate , a giudicare dal modo con cui avvenivano gli affondamenti, e che queste spie non erano da ricercarsi nei porti da cui partivano e arrivavano i piroscafi, ma a Roma. Non è chi non veda la serietà di tale rivelazione, fatta non da uno qualsiasi, ma dal sottocapo di stato maggiore della marina, che parlava in base a elementi sicuri. A chiunque non fosse sprovvisto di discernimento, non sarebbe sfuggita la gravità della notizia data da Sansonetti al capo di stato maggiore generale, ma questi, con un candore impagabile, così provvide:
"Ordino", egli disse, " che non si telefoni più in materia di di traffico marittimo".
A Roma non c'è il mare, quindi nessuno poteva sapere di arrivi e partenze di navi, ad eccezione di coloro che sedevano nei ministeri. L'ammiraglio Jachino restringe ancor di più i campo delle indagini scrivendo:
"Anche a Roma le notizie trapelavano con grande facilità e, durante il mio comando, ebbi più volte l'occasione di segnalare l'avvenuta diffusione di una informazione che quasi certamente era trapelata per opera, sia pure involontaria, di elementi del ministero. Supermarina e l'Ufficio informazioni non hanno mai voluto ammettere che la loro organizzazione fosse difettosa per quanto riguarda la riservatezza e tendevano ad attribuire la colpa ad elementi periferici". Dunque : ministero Supermarina, Ufficio informazioni.
Era eidentemente in malafede l'Ufficio informazioni quando rassicurava l'ammiraglio Jachino. Il suo capo, l'ammiraglio Maugeri, sapeva bene come stavano le cose: infatti, aguerra finita, nel suo libro di memorie pubblicato in llingua inglese From the Ashes of Disgrace, egli ha rrivelato che l'ammiragliato britannico contava tra gli ammiragli italiani e nello stesso ministero della marina persone devotissime, sulle quali poteva fare il massimo assegnamento, non vedendo esse l'ora di finire comunque la guerra, per liberare l'Italia dal fascismo. C'era anche lui nel numero di quelli che volevano la fine a tutti i costi e con qualsiasi mezzo?.
Non possiamo dirlo, ma è certo che egli fu ricompensato con la decorazione americana della Legion of Merit, che sul petto, in riconoscimento dei meriti acquisiti appunto mentre era capo dell'Ufficio informazioni.
Perchè ci si domanda, l'ammiraglio Sansonetti fece la sua rivelazione al maresciallo Cavallero e non all'ammiraglio Riccardi, suo superiore diretto? Questo è un puntooscuro. Non c'era che da ttraversare un corridoio per recarsi nell'ufficio dell'ammiraglio Riccardi e dirgli: "C'è del marcio". L'ammiraglio Riccardi, che aveva nelle sue mani la suprema potestà navale, essendo oltre che sottosegretario di stato anche capo di stato maggiore della marina, avrebbe potuto con un semplice trasferimentodi uomini troncare in ventiquattro ore la catena di informazioni al nemico. Ma l'ammiraglio Sansonetti non andò da lui (come sarebbe stato suo preciso dovere, non solo in ossequio ai principi gerarchici, ma anche perchè la questione investiva specificatamente la responsabilità del suo ministero); preferì, invece, parlane fuori dai cancelli ministeriali e rivolgendosi al capo di stato maggiore generale. Perchè, dunque?
Ed è molto strano che il Riccardi non abbia mai avuto il minimo sentore di quanto invece risultava a Sansonetti; è strano che non si sia mai insospettito di nulla; che non siano sembrati anche a lui misteriosi certi avvenimenti, certe coincidenze, che si ripetevano non per semplice caso; che gli siano apparsi naturali certi affondamenti sulla cui origione tenebrosa non potevano esistere dubbi; che abbia ritenuto logici e naturali fatti che, invece, si presentavano oscurissimi; che abbia fatto consumare come una candela la flotta mercantile nel modo com'è avvenuto; che abbia consentito all'impiego che è stato fatto della nostra marina militare.
Naturalmente il Trizzino continua la sua narrazione raccontando del bombardamento alla città di Genova , del mancato intervento della squadra navale per le "sommarie" informazioni fornite da Supermarina. Soprattutto si chiede la parte avuta dall'ammiraglio Riccardi e del suo ministero o Supermarina di quello che Trizzino definisce mistero di Pantelleria, al comando dell'ammiraglio Pavesi Come tutti sappiamo si arrese e ordinò la resa senza combattere l’ammiraglio Pavesi, comandante in capo della Piazza di Pantelleria......Lasciamo parlare ancora il Trizzino:
Quest'isola (Pantelleria) non doveva essere occupata dagli anglo-americani: non figurava nei loro piani, perchè non volevano sacrificare mezzi da sbarco destinati alla conquista della Sicilia. Infatti il generale Alexander, nel suo rapporto al ministero della guerra inglese , scrive: "il piano originale per la Sicilia contemplava che Pantelleria fosse semplicemente ridotta al silenzio da un pesante borbardamento, perchè qualsiasi perdita nell'equipaggiamento anfibio cui si fosse andati incontro nel tentativo di prendere l'isola, avrebbe ridotto le risorse disponibili per l'operazione principale (Sicilia)".
Invece, all'improvviso, la mattina del 10 giugno 1943 nel vicino porto di Sfax si cominciarono a caricare soldati e mezzi per occupare Pantelleria . Da questo momento si sussegue una serie di avvenimenti, che lasciano seriamente perplessi. La sera del 10 stesso, alle ore diciannove, l'ammiraglio Pavesi, comandante di Pantelleria, radiotelegrafa a Roma per annunziare che nonpuò continuare la resistenza e che è deciso a chiederela resa; il radiotelegramma viene decifrato al ministero della marina con inspiefgabile ritardo, cioè alle cinque dell'11. Pur concernendo esso una questione di eccezzionale importanza, non si sveglia Mussolini per comunicarglielo, ma si aspettano le nove della mattina. L'autorizzazione alla resa parte così da Roma quando già tutti i mezzi anglo-americani sono davanti al porto di Pantelleria e sostano come in attesa. Arrivati a questo punto, non c'è più possibiltà a Roma di pentirsi o di riesaminare la situazione: ma l'ammiraglio Pavesinon ha aspettato nemmeno il messaggio da Roma, tanta è stata la sua fretta, e, come se dovesse ubbidire ad una scadenza prefissata, alle nove e trenta ha fatto alzare la bandiera bianca. Quando arriva il dispaccio, l'ufficiale addetto alla radio che lo riceve non lo mostra neanche a Pavesi, ma, di sua iniziativa, ben sapendo trattarsi ormai di cosa fatta, trasmette un radiotelegramma a Malta ripetendo la decisione della resa. In questo modo Pantelleria non costava certo perdite agli anglo-americani e a queste condizioni valeva la pena di modificare i piani e occuparla: tanto più che c'era nell'isola un ottimo aeroporto, perfettamente attrezzato, con molta benzina, che, trovato intatto, "fu di grande importanza per la campagna in Sicilia", come scrive l'ammiraglio Alexder.
Che cosa aveva indotto l'ammiraglio Pavesi a una resa cosi precipitosa? In quel momento, la resistenza di Pantelleria non poteva essere ritenuta affatto soffocata: il presidio dell'isola, composta di dodicimila uomini, non lamentava che una trentina di mortiin un mese di bombardamenti. E' vero che c'erano stati pesanti martellamenti aerei, che si incontravano gravi difficoltà nella distribuzione dell'acqua dei pozzi, cvhe la popolazione era sottoposta a sofferenze e che viveva in grande disagio ammassata nei ricoveri, ma per quanto i paragoni siano, come si dice, odiosi, non può tacersi che anche la vicina Malta aveva subito un trattamento non indifferente, prolungato per vari mesi, da parte dell'aviazione italiana etedesca. Il maggio del 43 non fu certamente più duro per Pantelleria di quello che non fosse stato l'aprile del 42 per Malta.
I bombardamenti aerei italo-tedeschi, ripresi in massa alla fine del 41 con il ritorno in Sicilia della Latftwaffe, avevano segnato un crescendo continuo durante i mesi successivi, fino araggiungere in aoprile un intensità di cui non s'era mai vista l'uguale. Immense distruzioni, vittime a centinaia e comunicazioni rese quasi impossibili dagli sconvolgimenti del terreno.
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Le strade erano cosi danneggiate", si legge nel libro The Epic of Malta, con prefazione di Wiston Churchill, "e le comunicazioni cosi difficili, che si dovette ricorrere a volontari, che attraversavano il porto a nuoto sotto una grandine di colpi, per portare messaggi da una batteria all'altro". La deficenza di viveri si faceva sentire sia per la popolazione civile che per la guarnigione; i feriti e gli ammalatitra la gente mal nutrita che viveva ammassatanei ricoveri, aumentavano continuamente; le munizioni si esaurivano a vista d'occhio, tanto che la dotazione dovette essere ridotta a soli quindici colpi per pezzo; l'acqua mancvò a La Valletta per quattro o cinque settimane.
Tuttavia il comandante di Malta non mostrò alcun segno di essere disposto ad alzare le braccia al primo apparire davanti all'isola del corpo di spedizione italiano, appositamente concentrato in Sicilia per tentarne l'invasione. Ne si ha alcun indizio che uno sbarco italiano a Malta ( com'era in progetto dopo quei bombardamenti massicci e che poi sfumò) sarebbe avvenuto senza colpo ferire, come avvenne per quello anglo-americanoa Pantelleria. Una piazza non può non può arrendersi senza aver combattuto ada oltranza ed esauritofino all'estremao la resistenza: questa è la sua funzione, per questo è stata costruita. Quante cose, d'altra parte, che sembrano impossibili, sono state fatte da uomini decisi a non cedere.
Nello stesso telegrammma spedito da Roma l'11 giugno si comunicava a Pavesi che gli era stato conferito l'Ordine militare di Savoia. Il provvedimento fu annullato, non appena ne fu chiara l'inopportunità; tuttaviac'è da chiedersi quale ricompensa sarebbe sttata proposta per il comandante di Pantelleria se si fosse compotrtato come il generale giapponese Yoshigo Saito, a Saipan, nel luglio del 44. In ventiquattro giorni di duri combattimenti erano già caduti ventiquattromila soldati giapponesi; molti erao, fra i rimasti, i feriti e gli ammalati; anche le armi scarseggiano. "Io attaccherò con quelli che rimangono", disse nel suo ultimo messaggio il generale Saito, ormai alla fine dei mezzi di resistenza e sotto un violento bombardamento aeronavale," per vibrare un altro colpo al nemico e lasciare le mie ossa a Saipan, come baluardo sulPacifico. Non mi rassegnerò ad essere preso vivo: per l'imperatore e per la vita immortale del mio paese, io avanzerò per cercare il nemico. Seguitemi."
Ho trovato qualcosa di interessante sulla caduta di Pantelleria al sito: http://www.icsm.it/articoli/ri/pantelleria.html e ancora altre immagini al sito:http://www.inilossum.com/2gue_HTML/2guerra1943-16.html
Naturalmente questa è solo una parte del capitolo sedicesimo di Trizzino. Consiglio a chi non l'avesse ancora fatto, di leggere tutto il libro che si trova anche in versione Pocket nelle bancarelle di libri usati.
"Pensieri liberi letti quà e là"
dai diari di Rommel:
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estate 41. ... E' Necessario che il massimo segreto sia mantenuto sulla preparazione dell'offensiva: ho fondati motivi di ritenere che in Italia è illusione il supporre di mantenere il riserbo sui propositi più confidenziali: Comandanti e Capi parlano e chiacchierano e non conoscono riservatezza. Roma è una specie di Shangai, un bazar levantino in cui le informazioni si scambiano, si vendono, si barattano, si regalano, si inventano. D. mi ha comunicato in 24 ore, pettegolezzi banali che riguardano, fatti in Africa e riferiti, dopo poche ore, sulle rive del Tevere: del resto gli inglesi sono informatissimi, al minuto delle partenze dei convogli dai porti italiani. Si deve alla machiavellica manovra degli ammiragli e dei Comandanti delle scorte - ormai duramente provati dall'esperienza - se le perdite non sono maggiori; infatti mi riferiscono che i comandanti italiani contravvengono regolarmente agli ordini di operazioni che vengono loro comunicati, sicuri come sono di trovare subito sulla rotta stessa, appuntamenti con sommergibili ed aerei inglesi.
-14/11/42 - alla moglie (estratto): "Da Roma ci sono giunte preoccupanti notizie sulla situazione italiana. Al Comando Supremo italiano l'atmosfera è oscillante, grigia e gravida di elettricità. Le ostilità contro di noi aumentano. Si teme, negli ambiente della Corte vi siano correnti che premono sul Re d'Italia perché prenda in mano la situazione interna italiana e limiti l'autorità del Primo Ministro (Mussolini). Voci darebbero sicuro al nostro servizio informazioni che la Principessa ereditaria, MARIA JOSE', abbia avuto, tramite una sua amica francese, dei contatti con diplomatici americani ed inglesi in Svizzera per una pace separata. Sarebbe mostruoso!" ...."Il Maresciallo Cavallero, capo del Comando Supremo italiano sarebbe stato silurato "per ordine del Re d'Italia" . "Non mi mandano rinforzi. Ma come potremo vincere questa guerra se perdiamo qui in Africa? "
ULTRA (clicca per leggere una breve storia della macchina)
Studi successivi, che hanno messo in risalto il ruolo svolto dalla macchina «Ultra» dei servizi segreti britannici nella decifrazione del codice «Enigma» – di cui si servivano i Tedeschi, credendolo perfettamente sicuro -, hanno gettato nuova luce sulle vicende della guerra nel Mediterraneo, senza tuttavia far cadere la tesi centrale di Trizzino: che, cioè, molti ammiragli italiani, amici degli Inglesi o addirittura sposati con donne inglesi, nonché legati alla Massoneria di rito inglese, abbiamo deliberatamente complottato per sabotare criminosamente lo sforzo bellico dei comandanti in mare e degli equipaggi, mandandoli sovente incontro alla morte.
AMMIRAGLIO MAUGERI
"Colpisce, in particolare, quanto scritto dall’ammiraglio Maugeri in un suo libro di memorie, pubblicato (significativamente) in lingua inglese, a New York, nel 1948, From the Ashes of Disgrace, ove tra l’altro afferma:
«L’inverno del 1942-43 trovò molti di noi, che speravano in un’Italia libera, di fronte a questa dura, amara, dolorosa verità: non ci saremmo mai potuti liberare dalle nostre catene, se l’Asse fosse stato vittorioso. […] Più uno amava il proprio Paese, più doveva pregare per la sua sconfitta nel campo di battaglia… Finire la guerra, non importa come, a qualsiasi costo.»
Più chiaro di così… Sarebbe veramente ingenuo, davanti a tanta franchezza (o davanti a tanta sfrontatezza?) immaginare che l’ammiraglio Franco Maugeri si sia limitato a «pregare» e che non abbia pensato di dare un piccolo aiuto all’opera della Provvidenza.
Del resto, non è la condotta del solo Maugeri a dare adito ai più sgradevoli sospetti: Trizzino, in Navi e poltrone, fra le altre cose, fa notare la stranezza della resa di Pantelleria e di Augusta, due fortezze che, teoricamente, avrebbero dovuto resistere a lungo all’offensiva anglo-americana, mentre, di fatto, cedettero di schianto (specialmente la seconda).
A Pantelleria, l’ammiraglio Pavesi offrì la resa senza che le formidabili opere difensiva in caverna, predisposte dal celebre architetto Pier Luigi Nervi, fossero state minimamente scalfite; e, prima di consegnare le armi, non provvide neppure a far saltare i depositi di munizioni e di provviste. Ne abbiamo già parlato in un precedente articolo, intitolato La caduta di Pantelleria nel 1943 apre le porte all’invasione dell’Italia (consultabile sul sito di Arianna Editrice), per cui non insisteremo ulteriormente su quelle deplorevoli vicende, che tanto discredito hanno portato al buon nome della Marina e dell’Italia tutta, oltre ad aver affrettato e agevolato l’invasione alleata.
Perché la cosa peggiore che può accadere a una nazione non è quella di subire una sconfitta, ma di subirla senza dignità e senza onore.
Del resto, fra gli equipaggi delle navi italiane era il segreto di Pulcinella che quei comandanti dei trasporti diretti in Libia i quali, disubbidendo alle puntigliose disposizioni di Supermarina – un organismo tanto pletorico quanto accentratore -, seguivano una rotta improvvisata, diversa da quella loro assegnata, giungevano a destinazione e tornavano indietro sani e salvi; mentre quelli che eseguivano i movimenti prescritti, cadevano sistematicamente nella trappola degli aerei e dei sommergibili britannici. Una serie di semplici coincidenze anche quelle?
MA CHI ERA L'AMMIRAGLIO FRANCO MAUGERI
Maugeri, nato a Gela, era uno dei più giovani guardiamarina italiani: a soli 19 anni nel 1915 comandava una squadriglia di idrovolanti (11 macchine): Promosso tenente di vascello, nel 1918, venne decorato per le azioni compiute con due argenti e un bronzo. Ufficiale superiore a partire dal 1927, Maugeri venne promosso capitano di fregata nel '32 e capitano di vascello nel '37. La sua carriera in Marina, rapida e brillante lo portò nel '39 al comando dell'incrociatore Bande Nere, nave ammiraglia della Scuola Navale e nel ‘41 al delicatissimo incarico di capo del reparto informazioni dello Stato Maggiore della Marina, il SIS. Maugeri aveva preso parte, sul Bande Nere anche alla sfortunata battaglia di Capo Matapan del 27/28-marzo 1941 e coll'incrociatore Bolzano a Capo Teulada. Successivamente a questi incarichi Maugeri viene quindi "sbarcato" per assumere l'incarico di capo dei servizi segreti della marina, incarico che tiene fino all'8 settembre 1943. La storia della marineria di questo periodo è costellata da una infinità d'insuccessi, escluse le azioni dei sabotatori, che mise in allarme durante il periodo bellico i tedeschi e nel post conflitto tutti gli organi di informazione e scrittori di cose belliche.
IL MEDAGLIERE
4 Medaglie d'Argento al Valor Militare, 4 Medaglie di Bronzo al Valor Militare, due Croci al Merito di Guerra e le insegne di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia, Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e Grand'ufficiale della Corona d'Italia. Per i servizi resi alla V Armata americana , venne anche insignito della Legion of Merit.
motivazione della decorazione americana "Legion of merit"- per la condotta eccezionalmente meritevole nel compimento di superiori servizi resi al governo degli Stati Uniti, in qualità di capo del servizio informazioni navali, come comandante della base navale di La Spezia e come capo di stato maggiore della marina militare italiana durante e dopo la seconda guerra mondiale .. ecc.
Nell’autunno del 1948 l’atmosfera era ormai pesante. Per il volume "From the Ashes of Disgrace" scoppiò un caso nazionale di notevoli proporzioni che, aggiunto all’ambigua onorificenza americana (Legion of Merit), pose in forte imbarazzo Franco Maugeri C.S.M. della marina dal dicembre del 1946, che si giustificò a stento adducendo un travisamento del suo pensiero In assenza di un pronto rapporto chiarificatore, il ministro della Difesa Randolfo Pacciardi tagliò corto e rimosse Maugeri dall'incarico (Il ministro della Difesa del tempo, Pacciardi, a conclusione dei lavori di una commissione appositamente costituita, riferì in Parlamento che il libro non era stato scritto solo da Maugeri ma anche da tale Victor Rosen sulla base di conversazioni e interviste avute con l'ammiraglio a Roma).
I GIROSI- DA "GUERRA DI SPIE" DI MIMMO FRANZINELLI OSCAR STORIA MONDADORI 2006
Girosi, Marcello. Produttore e distributore cinematografico negli Stati Uniti, nel 1942 entra nell’Office of Strategic Services e l’anno successivo è incaricato di una missione di grande importanza: giunto ad Algeri il 7 luglio 1943, contatta con ogni precauzione il fratello Massimo, ammiraglio, facendogli consegnare a Positano un messaggio segretissimo dell’OSS (celato nella rilegatura di un volume), per indurlo a un collegamento segreto con le autorità americane. L’operazione riesce alla perfezione, tanto che al termine della guerra Marcello Girosi sarà decorato con la Silver Star «per aver contribuito a staccare il comando della flotta italiana dal Regime fascista e per avere assicurato alla Marina americana importanti piani rivelatisi di enorme importanza per la flotta degli USA».
Girosi Massimo (1889-xxxx). Nominato nel 1942 capo ufficio operazioni dell’alto comando della Marina italiana (Supermarina) e ufficiale di collegamento col SIM. Di sentimenti antifascisti e antitedeschi, all’inizio dell’estate 1943 è contattato per conto dei servizi segreti americani dal fratello Marcello: si tratta della Missione McGreggor, la cui attuazione è affidata a John Shaheen. L’ammiraglio Girosi informa della proposta il generale Ambrosio, CSM generale, che ne ragguaglia Badoglio. In tal modo si stabilisce un canale di comunicazione fidato tra i vertici delle forze armate monarchiche e l’OSS, oltre a preparare gli eventi culminati nella firma dell’armistizio di Cassibile, il 3 settembre 1943. Dopo l’armistizio Girosi lascia l’incarico di capogabinetto dell’ammiraglio Ferrari e si trasferisce in Piemonte, dove è arrestato dai fascisti; liberato il 20 aprile 1945, è nominato dal CLN comandante della piazza militare di Alessandria e tratta la resa delle truppe del generale Hildebrand.
Che cosa era l'OSS
L’OSS ( Office of Strategic Services) ,poi divenuta CIA aveva compiti sia di spionaggio che di sabotaggio e appoggio alle forze partigiane con danaro armi ed individuazione di obbiettivi nemici da distruggere, ovvero collaborava alle attività di organizzazione della guerriglia partigiana. in Italia con intrecci e scopi che sforano dall'arricchimento personale, alla lotta al comunismo e quant'altro poteva starci passando anche dall'utilizzo di personaggi mafiosi.
AMMIRAGLIO Domenico Cavagnari sottosegretario e capo di stato maggiore dal 1933 al dicembre 1940
Dichiarazione prima della guerra
A coloro che dissertando di strategia navale avanzano l'ipotesi che anche nella guerra futura le navi da battaglia rimaranno vigilate nei porrticome durante la Grande guerra io rispondo che per l'Italia ciò non avverrà; non è questione del costo delle navi; è questione della tempra degli uomini e degli ordini che ricevono.
Quando l'ammiraglio cambiò prosa: troppo pericoloso esporre le nostre corazzate ai cannoni inglesi; perdendole si rimaneva senza flotta. Il duce si stufò e lo sostituì co l'ammiraglio Arturo Riccardi . l dopo guerra sostenne che:
di preparazione alla guerra, quella guerra cui la marina fu costretta contro il suo pensiero e indipendentemente dalla volontà dei capi tecnici, non si dovrebbe parlare, perchè preparazione specifica non ci fu, non essendo stata quella guerra preparata, anzi neppur convenientemente meditata come tutti sanno.
SILURI ED AEROSILURANTI (AMMIRAGLIO CAVAGNARI-GENERALE VALLE)
In una riunione tenuta il 26 maggio 1939 con tutti i capi di stato maggiore presenti; si doveva dare ritocchi al nostro apparato militare. Le promesse mussolianiane di una guerra non prima del 1943 potevano essere smentite anche dal più sprovveduto lettore di giornali. Si parla di siluri: a Fiume una società che si chiama Whitehead produce modelli che sono conosciuti dagli stati maggiori di tutto il mondo e dove fa compere perfino la germania hitleriana. C'è da pagare un ordinazione (la prima) di trenta pezzi con cui possiamo incrementare la nostra potenza contro il naviglio nemico. Il problema è: chi chi paga? La marina che ne ha bisogno o l'aeronautica che dovrebbe trasportare quei miciadiali congegni sui suoi aerei? I due comandanti alzano la voce, si scatena una rissa. Valle (capo di stato maggiore dell'aeronautica) si inalbera e ribadisce che di quella roba non sa cosa farsene, contro le grandi navi è assai più efficace il bombardamento "orizzontale". E poi di aerosiluranti non ne ha neppure uno, per ragioni di economia non ne farà costruire. I nostri equipaggi sono cosi bravi che possono far tutto: bombardare spezzonare silurare mitragliare la caccia nemica . In realtà la vera paura di Valle e di dover cedere aeroplani alla marina perdendo il monopolio della specialità.
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